2/134
[ fermare le diapositive ]

img168.jpg

img168.jpg img84Miniatureimg2.jpgimg84Miniatureimg2.jpgimg84Miniatureimg2.jpgimg84Miniatureimg2.jpgimg84Miniatureimg2.jpg

Mezzolombardo 4 novembre 1918


Sante Lorenzo Minotti Ceccherini (Incisa in Val d'Arno, 15 novembre 1863 – Marina di Pisa, 9 agosto 1932) è stato un generale e schermidore italiano, insignito di tre medaglie d'argento al valor militare e vincitore di una medaglia d'argento nella scherma ai giochi olimpici.

Entrato nel collegio militare di Firenze a 15 anni, proseguì gli studi alla Accademia di Modena, uscendone Sottotenente nel 1884 e prendendo servizio nel corpo dei Bersaglieri, nel quale militerà ininterrottamente fino alla prima guerra mondiale.

Valente schermidore, si dedicò prevalentemente all'attività sportiva. Il titolo di campione italiano, gli valse la promozione a Capitano nel 1897 e partecipò i Giochi olimpici di Londra del 1908 in squadra con Alessandro Pirzio Biroli aggiudicandosi la medaglia d'argento e ottenendo la promozione a Maggiore nel 1910.

Conclusa la carriera sportiva, nonostante la non più giovane età, nel 1912 chiese di partecipare alla guerra Italo-Turca, dove guidò un battaglione dell'11º Reggimento Bersaglieri, ricevendo una medaglia d'argento e una di bronzo al valor militare.

Durante la prima guerra mondiale fu al comando del 12º Reggimento bersaglieri, che guidò in vari scontri, facendosi valere durante la seconda battaglia dell'Isonzo e ricevendo altre due medaglie d'argento e raggiungendo il grado di Generale.

Al termine del conflitto accolse l'invito di Gabriele D'Annunzio a raggiungerlo nell'Impresa di Fiume, dove già il figlio era impegnato.

Nel 1922 partecipò alla marcia su Roma, unendosi alla Legione Toscana. Due anni dopo fu promosso Tenente Generale e gli fu affidato il comando della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale della Toscana.

Di questo “generale papà” umile e impavido, dell’uomo gaio ed eccentrico, del bersagliere valoroso e pluridecorato, Gabriele D’Annunzio volle lasciare questo ricordo, con la consueta altisonante ed evocativa retorica: “egli è capo di fanti, un uomo di battaglia e di vittoria, costruito e scolpito alla maniera maschia di certi maestri fiorentini del secolo schietto, degno di essere tratteggiato sopra un affresco di un Andrea Del Castagno, come il gran portaspada Pippo Spano. Egli è l’eroe libico di Sidi-Said e di Zanzur. Egli è l’eroe carsico del Veliki, del Pecinka e di Castagnevizza. Egli è l’eroe veneto della marea gioiosa di Fagarè e di Mezzolombardo. Egli è l’anelito degli assalitori, il soffio della battaglia rapida, l’ebbrezza delle sue compagnie piumate che, sempre, egli condusse dove volle, con un solo gesto ed un solo sguardo!”.