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DE GASPARI (De Gasparis), Giambattista - Levico 18/08/1702 - Vienna 27/10/1768

Da Treccani

Nato a Levico (Trento) il 18 ag. 1702 da Monica (ignoto il cognome) e Antonio, di famiglia nobile, studiò nel collegio dei gesuiti di Trento e poi a Innsbruck, dove nel 1720 conseguì la laurea in diritto civile e canonico. Si applicò intensamente, sin quasi a sentirne danno alla salute, alle lingue classiche e cominciò a raccogliere le antiche epigrafi della provincia di Trento; nel 1722 si trasferì a Vicenza, presso il canonico Giambattista Checcozzi, che lo avviò agli studi di storia sacra ed ecclesiastica mettendolo in contatto con gli ambienti colti di Padova. Mortogli il padre, il 3 genn. 1724, interruppe gli studi, rinunciando alla progettata carriera ecclesiastica e tornò a Trento a curare gli interessi della famiglia, di cui vendette tutti i beni, nel vano tentativo di ristorare le finanze. Nel 1729 accettò l'incarico di gentiluomo di corte dell'ambasciatore cesareo a Venezia, ma poco dopo lasciò il posto, vivendo per qualche tempo con traduzioni dal francese in latino ed italiano; entrò in contatto con Antonio De Rubeis e Apostolo Zeno, il quale lo invitò a passare a Milano come segretario della nobildonna e mecenate Clelia Del Grillo moglie di G. B. Borromeo Arese (1733-35).

Dal vivace ambiente milanese nel 1736, per iniziativa dell'amico P. Borzi, fu richiamato a Trento per assumere la carica di auditore di corte del principe vescovo Domenico Antonio di Thun, ma nel 1737, deluso dalle difficoltà frapposte alle sue ricerche archivistiche, accettò l'offerta di una cattedra di storia nell'accademia dei nobili di Ettal, in Baviera.

Poco dopo fu chiamato a Salisburgo dal vescovo Leopoldo Antonio Eleuterio di Firmian, con l'incarico di consigliere e bibliotecario e, ben presto, di storico ufficiale della diocesi; il vescovo voleva difendersi di fronte all'opinione pubblica europea dall'accusa di aver espulso otto anni prima (31 ott. 1731), senza alcuna valida giustificazione, tutti gli eretici della sua diocesi e dunque gli affidò l'incarico di stendere una storia organica dell'origine, progressi e decadenza dell'eresia nell'arcivescovato di Salisburgo.

Nella città di Salisburgo frequentò la vivace Accademia degli eruditi dove si parlava "della necessità e vantaggio grande dell'Arte Critica, onde distinguere la verità dalle menzogne e dalle invenzioni del fanatismo".La cultura aperta e moderna dell'accademia suscitava le aspre reazioni dei "fanatici" della locale università, che insinuavano tendenze ereticali negli "eruditi".

In questa vivace Salisburgo degli anni '40 il D., né illuminista né giansenista ma solo, come ha scritto il Cetto, "un cattolico illuminato di mente aperta alla comprensione e al rispetto delle opinioni altrui, geloso della propria indipendenza di giudizio e dei diritti della ragione, pur riconoscendone i limiti".

La sua battaglia per una più moderna e "illuminata" cultura ottenne peraltro un significativo successo e proprio a Salisburgo il governo attuò una radicale riforma degli studi superiori fondata "sul principio muratoriano che base di ogni scienza sono una sicura erudizione e un buon metodo critico".

Il D., che si era sposato in età avanzata nel 1761 con Maria Chiara d'Haering di Graz, morì a Vienna il 27 ott. 1768.