Olga Bolner, mi è caro il suo ricordo ora, che con calma stò mettendo mano a tutto ciò che, col tempo, ho per affetto conservato. L’ho conosciuta una sera sul tardi mentre dolorante ad una spalla, per una caduta, si stava portando verso casa. Erano già trascorsi tre giorni dal fatto ma lei per non disturbare nessuno se l’era tenuto per sé e, vivendo da sola, nessuno se ne era accorto. Dopo garbate insistenze finalmente accettò le cure del caso. Nacque una sincera amicizia che mi permise di scoprire i fatti della sua esistenza disseminati, come la vita di ciascuno di noi, di gioie e di dolori. Un figlio avuto in tempo di guerra con un ufficiale tedesco, lei operava come interprete grazie alla conoscenza perfetta del tedesco, figlio che amò sopra ogni altra cosa ma che visti i tempi gli creò non pochi problemi nella vita di paese. Figlio che da adulto lavorò come domatore in un circo ad Innsbruck dove si sposò e si fece una famiglia e che poco più che trentenne morì. La sign. Olga rimase sempre a Mezzolombardo ed in modo discreto e dignitoso condusse una vita semplice ed operosa grazie alle sue capacità pittoriche che le riempirono le lunghe giornate ed all’affetto di persone che le vollero bene come ad esempio in sig. Carlo Dallatorre del Ristorante “Al Borghetto” che al ritorno della sign. Olga dalla convalescenza ad Arco dovuta alla frattura della spalla, alla mia richiesta della possibilità di farle avere i pasti a domicilio oltre ad accettare non volle mai sentir parlare di pagamenti. Spesso l’estate e l’autunno la portavo in Pietralba, mia meta preferita all’epoca, e la lasciavo presso qualche malga con i suoi colori e pennelli. Al mio ritorno la trovavo immancabilmente impegnata in conversazioni con turisti tedeschi che malvolentieri me la lasciavano portare via. Discreta, garbata, sempre estasiata di fronte ai colori ed allo spettacolo della natura, mai un lamento qualsiasi per le amarezze della vita, sempre grata e riconoscente. Un giorno le chiesi quale fosse il suo più grande desiderio che avrebbe voluto si realizzasse, e con estrema titubanza mi disse che prendere fra le braccia la sua pronipotina che viveva in Austria avrebbe potuto rappresentare l’ultimo gesto della sua vita. Da parecchi anni non vedeva la nuora e nemmeno la nipote che non conosceva di persona e sapere dell’esistenza della pronipote e il non poterla stringere fra le braccia ora che era agli sgoccioli della vita le sembrava insopportabile. Detto fatto, e qualche giorno dopo era davanti alla porta di sua nuora. Ci vorrebbero pagine per descrivere il viaggio di andata e ritorno con tutti i sentimenti che vorticosamente scompaginavano la serena mente della sign. Olga e la gioia immensa ed appagante che erano in lei. La frase che più mi è rimasta impressa era “ora posso anche morire”. La vita poi scorse tranquilla e venne il momento, data l’età ed il fatto di vivere sola, di entrare in casa di riposo a Mezzocorona dove trascorse gli ultimi giorni. Prima di abbandonare la propria abitazione mi fece dono di alcuni dipinti che aveva conservato gelosamente ed a cui era legata in modo particolare come il san Giuseppe che mi regalò augurandomi di diventare padre. Queste poche righe per ricordarla ed a memoria a quanti la conobbero e le vollero bene.
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